Sull’autonomia, questa mattina ha preso la parola Erika Stefani, il ministro sul quale sono puntati tutti i fari di Veneto e Lombardia.

Poche parole, per far dire che senza autonomia il governo giallo verde non può andare avanti.

“Quello tra noi e il M5S non è un matrimonio fondato sull’amore, ma su un contratto – ha commentato il ministro per le Autonomie e gli Affari regionali – Se non viene rispettato, è dura andare avanti. L’autonomia funziona se c’è quella finanziaria. Non accetteremo nessun compromesso”.

Dopo il ‘no’ secco sulle assunzioni regionali degli insegnanti e dopo i numerosi paletti piantati dal ministro Danilo Toninelli in merito alle Infrastrutture, Erika Stefani pare avere compreso che la situazione, per il suo ministero, non è per nulla facile. Diversamente da come era stato fatto intendere ai veneti dallo scorso ottobre e fino a giugno, quando i leghisti veneti hanno nascosto le loro preoccupazioni con annunci trionfalistici, ora sta diventando difficile mettere una tendina per coprire la verità.

Fino a che l’autonomia era un argomento trattato solo a livello veneto e lombardo e diffuso solo nei media locali, è stato anche possibile lanciare messaggi a senso unico. Ma ora che l’argomento è uscito dai confini e (come era ovvio che sarebbe stato), per essere approvato dal consiglio dei ministri, prima deve essere discusso dai ministri, i nodi vengono al pettine.

Dal nord ancora nessuna presa di posizione da parte di politici e associazioni di categoria ma, se Matteo Salvini deciderà di rischiare sulla sua pelle per assecondare le richieste del nord, a livello governativo l’autonomia potrebbe essere la miccia che fa scoppiare l’incendio.

La raffica di no di Toninelli sulle Infrastrutture

Non ci sono andati leggeri i quotidiani di oggi, compresi i più autorevoli del veneto, quando hanno descritto la scena del ministro Danilo Toninelli che, pur infiocchettando con parole diplomatiche  e con i toni decisamente più bassi dei giorni scorsi, ha ‘sparato no’ a raffica ai quali non ci sarebbe stata nemmeno una replica da parte  dei rappresentanti leghisti, come se fossero rimasti impietriti davanti a quell’elenco racchiuso in 19 pagine dove si passavano in rassegna ferrovie, porti, aeroporti e autostrade venete di cui il Veneto ha fatto richiesta di gestione autonoma. Quattro no netti, che come scrive Il Mattino di Padova smontano l’idea del piccolo stato veneto tanto caro ai leghisti.

“Non possono essere ceduti alle Regioni perché ci vuole un’unica regia nazionale. Non possiamo destrutturare l’Italia”. Sono state le parole di Toninelli all’interno di un discorso durato circa un’ora in cui è emerso che probabilmente a spuntarla sarà l’Emilia Romagna, che nella sua richiesta di autonomia è stata più pragmatica. Parole che hanno raggelato la commissione Affari Regionali, con l’unico che è andato all’attacco del ministro, Dario Bond di Forza Italia, che senza peli sulla lingua ha fatto notare a Toninelli come il suo discorso racchiuda “poca carne e tante ossa”.

 

Il clima che si respira, leggendo i quotidiani nazionali e regionali, è veramente caotico, per non dire borderline. Con i giornalisti che pungolano il ministro Stefani, che tenta di giustificare quello che agli occhi dei media appare come un abbandono del leader del Carroccio del tema autonomia e lei che ci tiene a sottolineare sulle pagine del Corriere della Sera che tutto è dovuto “all’agenda fitta del suo capo partito, che fa paura per quanto è piena. Non c’è mai stato un solo momento in cui io abbia dubitato di lui”.

A.B.

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