Sono più gli italiani all’estero degli stranieri residenti nella Penisola, ed è un paese interculturale quello che emerge dal Rapporto italiani nel mondo di Migrantes. In Italia l’8,8% dei cittadini regolarmente residenti sono stranieri (in valore assoluto quasi 5,2 milioni), mentre risiedono all’estero il 9,8% dei nostri connazionali (oltre 5,8 milioni). Il dato che fa rabbrividire lo fornisce il Rapporto italiani nel mondo 2022, promosso dalla Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana: tra coloro che partono quasi la metà sono under 34. E se la Sicilia detiene il primato al Sud, su scala nazionale l’isola si piazza al secondo posto dietro alla Lombardia, ma attenzione: i numeri dell’emigrazione del Nord – che sembra essere la zona più colpita dal fenomeno considerato il Veneto al terzo posto dietro la Sicilia – devono essere letti più approfonditamente. Infatti, si tratta di una prima emigrazione dal Mezzogiorno, che una volta arrivata al Nord riparte per l’estero. Insomma, Lombardia e Veneto come prima piattaforma di accoglienza, un trampolino di lancio verso migliori opportunità: “In molti casi chi lascia il nostro Paese lo fa per necessità e non per libera scelta – ha sottolineato il capo dello Stato, Sergio Mattarella -, non trovando in Italia una occupazione adeguata al proprio percorso di formazione e di studio. Serve un’adeguata riflessione sui giovani con alto livello di formazione che spesso non fanno ritorno, con conseguenze rilevanti sulla composizione sociale e culturale della nostra popolazione”.

Nel rapporto viene sottolineato come “i giovani italiani non si sentono ben voluti dal proprio Paese e dai propri territori di origine, sempre più spinti a cercar fortuna altrove”. La via per l’estero, dunque, si presenta loro quale unica scelta da adottare per la risoluzione di tutti i problemi: autonomia, serenità, lavoro, genitorialità. E così ci si trova di fronte a una Italia demograficamente in caduta libera. Quest’anno sono state 83 mila le partenze con una flessione del 25% degli espatri. Un trend che non perde il suo ritmo se si considera che dal 2006 al 2022 la mobilità italiana è cresciuta dell’87%. In particolare, del 94,8% quella femminile e del 75,4% quella dei minori.

Quanto ci costano i cervelli in fuga?

I cervelli in fuga? Costano, e non poco. A raccontare quanto del capitale investito nei laureati si perde insieme a chi ha conseguito il titolo e va altrove a cercare lavoro è uno studio della Fondazione Nord Est sui laureati tra 25 e 64 anni. Le cifre sono da capogiro: “L’Italia ha perso, nel 2019, oltre 13mila laureati e più di 100mila nel periodo 2011-19, con un’emorragia di capitale umano equivalente a 3,8 miliardi nell’ultimo anno pre-pandemico e 29,3 miliardi» in tutti i nove anni, spiega il rapporto. In soldoni, è «un trasferimento di competitività ad altri sistemi produttivi, che intrappola il Paese in una spirale viziosa di bassi salari-fuga di cervelli-bassa produttività». Perché «quando una persona laureata si trasferisce da una regione a un’altra porta con sé il capitale profuso nella sua formazione”, sintetizza lo studio. I cervelli fuggono all’estero, ma da oltre confine non ne arrivano abbastanza. La conseguenza ovvia è un bilancio con l’estero negativo per tutte le regioni. Ma i laureati non si spostano solo oltreconfine, anche da regione a regione. E qui gli squilibri sono evidenti, con un danno decisamente maggiore per il Sud che, nel solo 2019, ha perso 312mila laureati, un capitale di oltre 9 miliardi.

di Redazione AltovicentinOnline
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