Una mattinata dedicata agli aspetti sanitari connessi alla pratica alpinistica ha aperto la quinta sessione formativa del Cai Eagle Team. La settimana scorsa a Courmayeur, nella sede di Fondazione Montagna Sicura, i 15 alpinisti e alpiniste hanno potuto approfondire temi come l’approccio al trauma alpinistico e l’allerta dei soccorsi, le procedure per effettuare la prima diagnosi sul trauma, l’ipotermia e i congelamenti, l’alimentazione nelle spedizioni, i fulmini, le folgorazioni, le punture da insetto e i morsi di serpente. Questi aspetti sono stati affrontati da alcuni tra i maggiori esperti nell’ambito della medicina e del soccorso in montagna: Luigi Festi (direttore del Master in Mountain Medicine e del Master in Mountain Emergency Medicine presso l’Università dell’Insubria e vicepresidente della Società italiana medicina di montagna), Luigi Vanoni (vicepresidente della Commissione centrale medica del Cai), Mario Milani (direttore della Scuola Medici del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico), Paolo Comune (direttore del Soccorso alpino valdostano), Stefano Trinchi (Consiglio direttivo Società italiana medicina di montagna) e Lorenza Pratali (cardiologa presso l’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa). I componenti del Cai Eagle Team si sono poi trasferiti a Ceresole Reale, porta piemontese del Parco Nazionale del Gran Paradiso, per la sessione formativa dedicata alla ripetizione di vie multipitch e alla tecnica di scalata in fessura in Valle Orco. Sulle pareti del Caporal e del Sergent si sviluppò, all’inizio degli anni ’70, il movimento del Nuovo Mattino, un nuovo modo di concepire l’alpinismo, lontano dall’interpretazione retorica della “conquista” della vetta. “Nonostante il freddo e il vento tutti sono riusciti a scalare e a effettuare salite interessanti”, racconta Matteo Della Bordella. “L’obiettivo, riuscito, di questa settimana non era solo la ripetizioni di vie lunghe. Si voleva dare ai ragazzi un focus sulla scalata trad e sulle tecniche di scalata in fessura, fondamentali per la prossima spedizione in Patagonia, cosa a cui non tutti sono abituati”.
Coordinati dallo stesso Della Bordella e guidati dai tutor Federica Mingolla, Leonardo Gheza, David Bacci, Marco Majori e Andrea Migliano, i 15 giovani alpinisti si sono divisi in cordate, principalmente sulle pareti del Caporal e del Sergent.
Sul Caporal la cordata formata da Marco Cordin e Giacomo Meliffi e quella formata da Daniele Lorusso, Erica Bonalda e Matteo Sella, hanno tentato la salita in libera della celebre via “Itaca nel Sole”. Sempre sul Caporal, Matteo Della Bordella e Luca Ducoli hanno salito la poco ripetuta “Quel Nuovo Mattino”. Ancora Federica Mingolla e Marco Cocito si sono mossi su “Strapiombi delle Visioni”. Al Sergent alcune cordate hanno ripetuto la classica “Cannabis” e “Legoland”. Quest’ultima è una via ben conosciuta da Giacomo Meliffi, che qualche anno fa riuscì nella salita in free solo dei due tiri della via. Infine, David Bacci e Alessandra Prato si sono cimentati con “Gran Traversata” alle Torri di Noasca. Una nuova falesia chiodata dall’alpinista Andrea Giorda è invece stata fondamentale per provare alcuni monotiri.
La settimana del Cai Eagle Team ha permesso anche di battezzare una nuova area per l’arrampicata: sono infatti stati liberati diversi tiri trad, come “Il Clandestino” superato da Matteo Della Bordella e Matteo Monfrini. Al rientro dalle scalate, le serate sono state ricche di spunti.
A partire dall’incontro con l’alpinista e scrittore Maurizio Oviglia, che si è lasciato coinvolgere per trasmettere ai giovani e alle giovani del Cai Eagle Team il suo percorso alpinistico. La seconda serata è stata invece una vera e propria immersione nella storia della Valle Orco e dell’alpinismo piemontese con il sopracitato Andrea Giorda e Ugo Manera, anch’egli alpinista e scrittore. La settimana è poi stata chiusa da Enrico Camanni, scrittore e storico dell’alpinismo, che ha raccontato ai ragazzi come la scrittura sull’alpinismo sia una parte fondamentale nel racconto dei territori montani, e di come questa si sia evoluta nel tempo. Ha concluso la sessione formativa l’intervento degli istruttori nazionali della Scuola centrale di alpinismo del Cai, che hanno descritto la realtà delle scuole e spiegato l’importanza di essere istruttori, oltre a soffermarsi sulle tecniche di autosoccorso in parete. Venerdì 19 aprile sono arrivati in Valle Orco i partecipanti al terzo “Workshop”, che può essere definito un “progetto nel progetto”, attraverso il quale Club alpino accademico e Cai intendono mettere in contatto numerosi e promettenti giovani scalatori e scalatrici, valorizzando le loro capacità e competenze. Oltre una trentina (di cui cinque scalatrici) quelli giunti a Ceresole, con livelli alpinistici differenti: una decina di accademici, alcuni promettenti ragazzi conosciuti alle selezioni del Cai Eagle Team e una quindicina di giovani istruttori delle Scuole di alpinismo piemontesi e liguri del Cai.
Sabato e domenica i partecipanti si sono suddivisi sulle varie pareti con alterne fortune. La parete del Disertore, di fronte a quella del Sergent, era costellata di stalattiti di ghiaccio, una situazione che si vede raramente anche d’inverno. Il caldo della settimana precedente ha reso molto umide le strutture riparate dal sole, e il recente gelo le ha corazzate di ghiaccio. «Alla fine del raduno tutti hanno imparato qualcosa, tutti sono andati a casa con la mente più aperta su questo terreno di scalata che personalmente ho amato fin dall’inizio della mia esperienza alpinistica», ha dichiarato Mauro Penasa, presidente del Club alpino accademico italiano. «Vedere tanto entusiasmo, non importa il livello raggiunto, è veramente incoraggiante, significa che la direzione è quella giusta. Mi fa piacere che il progetto Cai Eagle Team abbia destinato l’intera settimana a queste pareti, e altrettanta soddisfazione è aver potuto organizzare l’ultimo “Workshop” del progetto proprio in Valle Orco». Il progetto di Club alpino italiano e Club alpino accademico italiano, coordinato dall’alpinista Matteo Della Bordella, ha l’obiettivo di trasmettere a quindici giovani alpinisti e alpiniste selezionati le conoscenze tecniche e il patrimonio culturale fondamentali per diventare interpreti dell’alpinismo moderno.
Credit foto: Pietro Bagnara, Open circle
La montagna non è solo salite, ma saper affrontare anche eventuali soccorsi con cure
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