La Sanità veneta recupera prestigio ma a Santorso rimangono i dubbi.

“Anche quest’anno il Veneto è regione di riferimento per la sanità nazionale, insieme a Piemonte ed Emilia Romagna”, ha commentato soddisfatto il governatore Luca Zaia a seguito della decisione della Conferenza dei Presidenti delle Regioni italiane che ha indicato il Veneto quale regione ‘benchmark’ nazionale per la sanità.

Nella Ulss 7 Pedemontana però i dubbi continuano a rimanere e se da un lato il Distretto 2 della Conferenza dei Sindaci difende a spada tratta il suo ospedale di Santorso, le lamentele non cessano.

Personale che manca e turni esagerati a cui sono sottoposti medici e personale sanitario sono sempre al centro delle discussioni.

Un ‘riassetto’ quello della Sanità veneta, al quale il governo regionale ha dato avvio nel 2015, con la riduzione di 21 Ulss a 9, con accentramento decisionale all’Azienda Zero.

Un ‘colpaccio’ che aveva come scopo primario far fronte a tagli e riduzione di fondi, con una riorganizzazione più efficace.

A Vicenza, la decisione di non provincializzare tutte le Ulss del territorio incorporandole in quella berica, ma lasciarne 2, quella che fa capo a Vicenza e quella di Bassano e Santorso (Altopiano e ospedale di Asiago incluso).

Una scelta che i Sindaci del territorio hanno voluto e per la quale si sono battuti strenuamente, per mantenere vivo il loro ospedale di riferimento, costruito in project financing e con una struttura tecnologica ed avveniristica, ricca di ampi spazi e macchinari futuristici. Ma soprattutto ricca di professionalità che hanno contraddistinto la struttura sanitaria richiamando utenti anche da fuori Ulss.

Una tendenza che oggi non è mantenuta. A difendere medici e personale sanitario dell’ospedale di Santorso sono intervenuti più volte i sindacati dei medici, che analizzando la situazione di Bassano e quella di Santorso dal punto di vista della presenza di medici, sempre per restare nella Ulss 7, vedono molto più problematica la situazione di Bassano. Secondo i sindacati, Santorso ‘pecca’ soprattutto da un punto di vista strutturale, ma la mancanza di medici corrisponderebbe soprattutto ad un turnover troppo lento, imposto da scelte di governo della gestione delle facoltà di Medicina, che non ‘sfornano’ medici e sanitari sufficienti per rimpiazzare quelli che vanno in pensione.

“Ci confermiamo punto di riferimento in Italia, grazie alla costante ricerca del meglio – ha commentato Zaia – In sanità infatti, se si sta fermi in realtà si arretra; il riconoscimento di ieri è segno che abbiamo saputo andare avanti. Le buone pratiche del Veneto sono e saranno a disposizione di tutto il sistema sanitario nazionale, così come siamo pronti a confrontarci con quelle degli altri per trovare sempre nuovi margini di miglioramento. In questo traguardo si riconosce un modello sanitario in cui tutti lavorano caparbiamente non solo per assicurare ai cittadini le cure ma perché le cure siano sempre migliori e innovative. E’ premiata, inoltre, la capacità, pur tra tante difficoltà, di rispettare gli standard previsti a livello nazionale, contrastando gli sprechi e senza perdere di vista il necessario aggiornamento tecnologico ed i nuovi orizzonti clinici e organizzativi. Se gli esperti chiamano questo modo di operare ‘buone pratiche’ – ha concluso il governatore – del riconoscimento ne possono andare orgogliosi gli oltre 54mila operatori tra medici, infermieri, tecnici e altre figure delle nostre aziende sanitarie e ospedaliere, che con la Regione e i manager sono i protagonisti della sinergia che ha portato a questa ripetuta affermazione”.

A.B.

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