Secessionisti in galera, protestanti accusati di atti terrorismo e adesso pure la sanzione economica di mille euro a testa ai 5 attivisti che lo scorso ottobre hanno provato a dire ‘no’ all’inceneritore Cà Capretta. E’ quanto è stato denunciato dalla Rete dei Comitati Alto Vicentino che ha spiegato il fatto lanciando un’accusa precisa: ‘Cinque attivisti che hanno partecipato all’iniziativa del 12 Ottobre scorso per contestare la pratica dell’incenerimento e per chiedere una diversa gestione dei rifiuti sono stati colpiti da un provvedimento delle autorità che li condanna al pagamento di oltre mille euro a testa.

Sanzione pesante in quanto l’iniziativa assolutamente pacifica e colorata non ha visto alcun tipo di danneggiamento nei confronti dell’impianto. La cosa però singolare è il momento in cui questi provvedimenti sono arrivati. Notizia di pochi giorni fa è infatti il recente accordo raggiunto tra Ava ( Alto Vicentino Ambiente ), società che gestisce i rifiuti di 31 comuni, e Unicredit, per il finanziamento di 7 milioni di euro sui 14 milioni totali che serviranno a rinnovare ed ampliare la prima linea di incenerimento, la più vecchia, e che porterà l’impianto scledense a smaltire 91 mila tonnellate di rifiuti annui al posto delle 64 mila fino ad ora smaltite. Perchè i 14 milioni di euro destinati al rinnovo e all’ampliamento dell’impianto Cà Capretta, che lo vedrà di conseguenza ancora sgradito ospite di questo territorio, non sono destinati ed utilizzati per la ricerca di virtuosi metodi di smaltimento rifiuti e quindi di pratiche alternative e soprattutto realmente ecocompatibili con la terra?’ Un modo per mettere a tacere eventuali ulteriori proteste o promesse da campagna elettorale in corso? Ogni dubbio è lecito in un paese che condanna chi ruba un pollo per sfamare la madre morente e lascia puntualmente impuniti i vertici della delinquenza.

‘Sempre più spesso vengono messi in campo dispositivi repressivi contro i movimenti e le comunità resistenti che si oppongono alle scelte imposte dall’alto caratterizzate dall’attacco al welfare e ai diritti dei cittadini e dalla devastazione ambientale in nome del profitto – spiegano dalla Rete dei Comitati Alto Vicentino – Si può infatti notare come tutte quelle realtà che combattono ogni giorno per la conquista di diritti fondamentali, come quelli legati al tema della  casa e della tutela del territorio, siano esposte ad una repressione di carattere giudiziario che mira a criminalizzare le lotte sociali. Le misure coercitive arrivate ai danni degli attivisti dei movimenti per il diritto alla casa, le accuse di terrorismo agli attivisti No Tav, le contravvenzioni spropositate contro il Comitato No Grandi Navi di Venezia dopo il tuffo in acqua dello scorso settembre, sono solo alcuni degli esempi più eclatanti’. E anche a Schio ora è arrivato questo modus operandi, applicato giusto a puntino nei confronti di chi si è mobilitato contro l’inceneritore Cà Capretta. ‘La scelta di dare la multa va in netto contrasto con la volontà dei cittadini e con la propaganda messa in campo da molti candidati sindaci alle prossime amministrative – commentano dalla Rete dei Comitati Alto Vicentino – i quali sbandierano ai 4 venti il loro no all’inceneritore senza però pronunciare una sola parola in merito alla sanzione che ha colpito i cittadini che si sono espressi attivamente’.

Ciò che alla Rete dei Comitati Alto Vicentino proprio non va giù è la volontà da parte delle amministrazioni di continuare a finanziare metodi obsoleti e antichi di smaltimento rifiuti invece di cercare di spingere la raccolta differenziata fino ad arrivare a percentuali alte come è stato fatto in altri comuni. La cosa garantirebbe anche importanti ricadute occupazionali nel territorio, visto che la raccolta dei rifiuti da sempre porta lavoro nel territorio. La denuncia della Rete dei Comitati Alto Vicentino arriva forte e chiara contro un sistema che tutela i potenti a discapito della popolazione. ‘Riteniamo il provvedimento di condanna ai cinque attivisti contro l’inceneritore di Schio un atto che si distanzia dalla vocazione della Costituzione – concludono – e quindi risulta una volontà di criminalizzare le forme di lotta e di mobilitazione per la tutela della salute e del territorio’.

Anna Bianchini

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