Da venerdì 6 novembre saranno in vigore le misure decise dal Dpcm del 4 novembre, che applicherà restrizioni all’interno delle varie regioni differenziate a seconda del rischio contagio.

È stata proprio la catalogazione delle regioni, da cui si è fatta dipendere la severità delle restrizioni, a generare un tira e molla tra ministero della salute e governatori, che si è concluso solo nella tarda serata di ieri.

I parametri che sono stati utilizzati per individuare il rischio contagio sono ben 21, ma molti sono stati secretati. Quelli noti, richiamati dal presidente del consiglio nella sua oramai consueta conferenza stampa, sono l’indice di contagio Rt e la situazione di occupazione dei posti letto e delle terapie intensive negli ospedali.

Le zone rosse, quelle che ripiomberanno da domani nell’incubo lockdown, sono quattro: Lombardia, Piemonte, Calabria e Valle d’Aosta. Nella «zona arancione», solo Puglia e Sicilia. Tutte le altre regioni (Campania, Abruzzo, Basilicata, Liguria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Marche, province autonome di Bolzano e Trento, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto) entrano in una ampia area «gialla».

Le restrizioni che interesseranno tutte le regioni, a prescindere dalla variopinta catalogazione, le uniche che interesseranno quindi il Veneto ed il resto delle regioni a bandiera gialla, sono il divieto di circolazione dalle 22 alle 5 del mattino, a meno di comprovati motivi di lavoro, necessità e salute, per i quali servirà l’ennesima autocertificazione. I centri commerciali dovranno rimanere chiusi nei giorni festivi e prefestivi, ad eccezione dei servizi essenziali, ovvero quelli forniti da farmacie, parafarmacie, punti vendita di generi alimentari, tabaccherie ed edicole al loro interno.

Anche per i servizi della ristorazione, rimane valido l’attuale obbligo di chiusura obbligatoria dalle 18 alle 5 del mattino, l’asporto rimane consentito fino alle 22, mentre nessuna restrizione è prevista per la consegna a domicilio. Restano chiuse palestre, piscine, teatri, cinema, mostre e musei. I centri sportivi potranno svolgere le attività all’aperto. Rimangono sospese anche le attività di sale giochi, scommesse, bingo e slot machine.

Per quanto riguarda il nodo scuola, alle superiori si ritornerà alla didattica a distanza, ad eccezione delle attività di laboratorio e per gli studenti disabili. Chiuse anche le università, salvo alcune attività per matricole e laboratori. Per la scuola dell’infanzia, elementari e medie ancora consentita la didattica in presenza.

La riduzione della capienza del trasporto pubblico passa dall’80% al 50%, ad eccezione dei mezzi di trasporto scolastici.

Viene comunque raccomandato di non spostarsi nel corso della giornata se non per motivi di salute, lavoro, studio o situazioni di necessità.

Nella zona arancione, con criticità medio alta, vengono ricomprese solo due Regioni, la Puglia e la Sicilia. Qui, alle restrizioni previste anche per la zona gialla, si aggiunge il divieto di spostamento in entrata e in uscita da un comune all’altro, nonché dalla regione stessa, salvo comprovati motivi di lavoro, studio, salute o necessità; ritorna immancabile l’obbligo dell’autocertificazione.

Ennesima ulteriore tegola per i bar e i ristoranti, che dovranno rimanere chiusi al pubblico, ad eccezione dell’asporto, che viene consentito fino alle 22. Anche qui nessuna restrizione viene prevista per la consegna a domicilio.

Molto più stringenti le restrizioni in zona rossa, che ricomprende le regioni Lombardia, Piemonte, Calabria e Valle D’Aosta. In quest’area vengono ripristinati quasi integralmente i divieti del lockdown primaverile. È vietato infatti ogni spostamento, anche all’interno del proprio comune, in qualsiasi orario, salvo che per motivi di lavoro, necessità e salute. Ai divieti previsti per le zone gialla e arancione si aggiunge la chiusura dei centri estetici. La didattica a distanza viene estesa anche alla seconda e terza media. Viene tuttavia consentito di svolgere attività motoria nei pressi della propria abitazione e viene permessa l’attività sportiva all’aperto e in forma individuale.

Le misure rimarranno obbligatorie fino al 3 dicembre, mentre l’ordinanza del ministero della salute che ha diviso l’Italia in aree di rischio avrà validità 15 giorni.

Naturalmente nessuno dei governatori delle regioni delle zone rosse ed arancioni ha preso bene le restrizioni, molto pregiudizievoli per le economie locali, già provate dal lockdown di primavera. Le piazze, infatti, continuano ad essere agitate, mentre l’economia, duramente colpita, trova poco “ristoro” nelle miserrime elargizioni del nostro Governo.

Alla manifestazione di atleti e gestori di piscine, palestre ed impianti sportivi davanti a Montecitorio, organizzata dal comitato Fin Lazio, che ha visto anche la partecipazione di volti noti dello sport, tra cui il nuotatore campione olimpionico Massimiliano Rosolino, fa da eco il grido di allarme della Federazione Italiana dei Pubblici esercizi, che denuncia la chiusura di ben 10mila imprese del settore nel solo periodo che va da marzo ad ottobre di quest’anno.

Secondo la Fipe il nuovo Dpcm comporterà la sospensione dell’attività di ben 90mila esercizi, con minori consumi stimati in 1,6 miliardi di euro, mentre i lavoratori che resteranno a casa saranno più di 300mila.

Anche il settore dei trasporti non ride: Italo, la compagnia privata dell’alta velocità ferroviaria, dal 10 novembre collocherà in cassa integrazione altri 1.500 lavoratori.

Purtroppo i “ristori” tali non sono, gli stessi tecnici del Senato hanno richiamato il Governo sugli incerti numeri delle elargizioni, ampiamente sottostimati. Questo errore di stima, già nella “sessione estiva”, quella dell’attribuzione alle imprese danneggiate dal covid del cosiddetto “fondo perduto”, ha provocato uno stop all’erogazione, con migliaia di imprese ancora in attesa.

Il colorato lockdown autunnale così avanza, mentre noi attendiamo ancora un serio intervento del governo a sostegno della nostra economia, che ci auguriamo non replichi i colpi a salve dei bazooka primaverili.

Fabrizio Carta

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