Chiuppano non dimenta Ruzka, la 57enne serba che la settimana scorsa si è tagliata la gola lasciando un biglietto spiegando il motivo di quell’estremo gesto dettato dalla disperazione, dalla povertà, dal bisogno forse inascoltato, soprattutto, dalla solitudine.  La donna l’ha fatta finita nella centrale Piazza San Daniele  il 15 ottobre scorso. Proprio in quella piazza dove la donna si è tagliata la gola con un taglierino, da sola, all’alba, all’interno della propria automobile, lunedì scorso un gruppo di volontari di Chiuppano ha radunato più di 100 persone ed insieme a Don Leonardo e all’Amministrazione hanno recitato il rosario e pregato per la defunta, le cui spoglie, ancora in obitorio a Vicenza, lasceranno a breve l’Italia alla volta della Serbia.

 

Solo da poche ore infatti è stato rilasciato il nulla osta per il trasporto del corpo, del quale se ne occuperanno i nipoti e la sorella in Serbia che, sconvolti dal dramma anche per loro inaspettato, hanno già dato le disposizioni del caso a un’agenzia di pompe funebri della terra di origine della donna.

Fiori e lumini accesi sono stati posati numerosi davanti alla casa della signora, a dimostrazione di quanto questa tragedia abbia colpito la popolazione, ma ancora mille sono gli interrogativi che ci si fanno di fronte ad un suicidio così cruento come questo. Il sintetico biglietto lasciato dalla donna che aveva perso  lavoro e faceva le pulizie, ha messo in primo piano i problemi economici in cui viveva. Man mano che si sono conosciuti tutti i particolari, terribili, del gesto, è stato subito chiaro quello che si è configurato come un vero e proprio dramma della solitudine  e forse i problemi economici sono solo una componente, anche se la principale, del gesto estremo. Suicidarsi in piazza è come un ultimo, enorme grido di aiuto al mondo, come per dire: sono sola, sono disperata, a casa non ho nessuno. Almeno adesso non potrete fare a meno di guardarmi.

‘Al di là delle motivazioni che possono avere spinto questa donna al gesto più estremo – spiega la psicologa e psicoterapeuta Roberta Bertoldo dell’Istituto Veneto di terapia familiare – emerge in primo luogo l’aggressività dell’atto stesso. Il suicidio di per sé lo è già per la sua natura, ma in genere le persone che decidono di compierlo lo fanno in un luogo privato o comunque appartato. È un caso anomalo che la dice lunga sulla disperazione della vittima’.

Dott Bertoldo quello che colpisce è certamente il luogo dove il suicidio è stato consumato, cioè la piazza, il luogo centrale del paese…

‘Aver scelto la piazza come luogo della propria morte lo considero in un certo senso un paradosso, poiché la piazza da sempre è il luogo principe della socialità, dove tutti si ritrovano per scambiarsi notizie, anche solo un saluto. In questo caso la donna ha considerato invece la piazza come un luogo di solitudine e di addio ’.

Lei non vede in questo un messaggio contro il Comune stesso per non aver dato gli aiuti necessari?

‘Non me la sento di dar credito a questa ipotesi, anche perché sembra chiaro che la donna non avesse ricevuto rifiuti che possano aver provocato una tale decisione. Che lei non si sia sentita aiutata dal comune non significa che il comune o l’assistente sociale non abbiano fatto quanto potevano, per quel che era loro richiesto o consentito. Non colpevolizzerei gli amministratori, che soprattutto nei piccoli comuni hanno le mani legate sulle disponibilità economiche destinate il sociale’.

Qualche giorno prima le era morta in Serbia la sorella… quanto rilievo può aver avuto l’evento?

‘È sicuramente un dramma che si somma al dramma. La sofferenza che stava vivendo la signora si è accumulata di certo durante gli anni, provocando un enorme disagio interno, inespresso. La solitudine in cui viveva era una base forte che è stata determinante. In questi casi il suicidio appare come l’unica soluzione possibile perché agli occhi della vittima non ne esistono altre. E poi, quando non si hanno più 30

anni, la visione del mondo è diversa. Non si hanno più le prospettive della gioventù, e risolvere il dramma interno in questi casi, da soli, è molto più difficile’.

Si poteva prevedere in qualche modo?

‘Se da quel che si dice la donna era riservata e non parlava dei suoi problemi, anche forse per la dignità di non voler chiedere l’elemosina, è molto arduo, forse impossibile, poter prevedere un simile dramma. Pensiamo anche alla rabbia di fronte a speranze ed attese deluse riposte nei confronti di un Paese come l’Italia, dove ci si aspettava di trovare migliori opportunità e maggiori sicurezze. Invece così non è stato’.

Marta Boriero

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