Impietriti dal dolore. Terrorizzati dalla possibilità che la meningite possa toccare altre creature. S.T. è la mamma di un bimbo di 3 anni che frequenta l’asilo di Malo, lo stesso asilo dove andava Greta, la bimba uccisa lunedì dall’infezione. La telefonata le è arrivata all’improvviso in pausa pranzo:

“Signora, alle 14 venga subito all’asilo di suo figlio, con suo figlio. Dobbiamo eseguire una profilassi urgente a tutti i bambini”. Per la giovane mamma, ovviamente, l’ansia ha avuto il sopravvento sui tentativi della segreteria scolastica di non diffondere il panico tra i genitori. “Ho tentato di farmi dire il perché di questa convocazione urgente – racconta S. T. -, ma dalla scuola non hanno voluto dirmi nulla. Ho subito capito però che si trattava di qualcosa di grave, perché non era mai successo prima. Come risposta alle mie domande insistenti hanno aggiunto solamente che mi sarebbe stato spiegato tutto nel pomeriggio, alla presenza degli operatori dell’Ulss. Allora ho chiamato un’altra mamma che, come me, porta il bimbo in quell’asilo, e mi ha subito rivelato la verità che mi ha fatto rabbrividire: ‘E’ meningite’. Inutile dire che sono rimasta impietrita”.

La giovane mamma è corsa all’asilo per l’ora richiesta con la testa piena di dubbi e preoccupazioni, che si sono fatti sempre più intensi quando si è trovata di fronte alle altre mamme, tutte spaventatissime quanto lei. “L’ansia per i nostri figli era in primo piano – spiega ancora -, ma quando ci siamo ritrovate tutte insieme e abbiamo saputo cos’era successo siamo state travolte dal dolore per la sorte di Greta. E’ toccato a lei, ma poteva succedere a uno qualsiasi dei nostri bimbi”.

Apprensione dei genitori da una parte, efficienza degli operatori sanitaria dall’altra, in una situazione di grave emergenza. La profilassi antibiotica doveva essere fatta a tutti in estrema velocità. “Hanno cercato di fare il possibile – ha aggiunto la mamma – per concludere la terapia ai bimbi. Ma purtroppo non c’era abbastanza farmaco per tutti. Ci hanno fatto tornare per prenderlo”.

“Quello che spero adesso – conclude S.T. – è che non ci siano rischi anche per le persone che non sono state in contatto diretto con il contagio e che la scelta di non tenere a casa i bambini sia stata giusta. Io il mio l’ho mandato a scuola, ho seguito le indicazioni che mi sono state date. Ma sono molto preoccupata. Mi aggrappo alla speranza che le misure prese siano state corrette”.

di Marta Boriero

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