Un giovane strappato alla vita all’età di 26 anni mentre lavorava. Era il 5 aprile del 2011 quando Raffaele Sorgato, onesto lavoratore di Valli del Pasubio, morì schiacciato da un camion della Greta guidato da un collega che non si accorse della presenza del giovane sul predellino. Raffaele stava prelevando il ‘secco” da una villetta di via Giusto di Ca’ Trenta di Schio quando fini’ stritolato dal mezzo della Greta.

Una tragedia sul lavoro che ha lasciato il segno e da cui il sostituto della Procura di Vicenza Alessandro Severi vuole un processo. Per questo ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti di Mauro Sesso, 42 anni, il collega che era al volante e che ha assistito alla morte del giovane di Valli, ma anche per Enrico Dal Pra, 52 anni, direttore tecnico responsabile della sicurezza della Greta. Richiesta di giudizio anche per Riccardo Ferrasin, 54 anni, amministratore e legale rappresentante della Greta srl. Sono accusati di omicidio colposo e sarà l’eventuale processo a dover stabilire il loro ruolo nella tragedia.  Sotto la lente d’ingrandimento in questi mesi di indagini, anche il camion dei rifiuti che stritolò il corpo dell’operaio. 

Erano le 9 circa, quando un urlo scosse la tranquillità di una mattina come tante. Raffaele stava prelevando i rifiuti da una casa quando rimase schiacciato dal mezzo della Greta che lo spinse contro il muretto. Quel grido disperato di chi sta guardando in faccia la sua morte non l’hanno più scordato a Ca’ Trenta gli abitanti della zona. Sorgato morì tra le braccia del collega Sesso sotto choc, che vide gli occhi di Raffaele chiudersi davanti ai suoi. A nulla servirono i tentativi dei soccorritori del 118. Seguirono giorni difficili, con la rabbia dei colleghi che denunciarono la precarietà dei mezzi della Greta. La denuncia si sollevò alta per bocca del sindacalista di Usb  Germano Raniero, che chiese ai vertici della Greta di provvedere alla messa in sicurezza degli autoveicoli della ditta.

Ma c’è chi in questo anno e mezzo di dolore  chiede più di tutti giustizia. Sono mamma Agnese e papà Diego, che vogliono che l’iter giudiziario vada avanti e si accerti chi ha avuto colpa nella disgrazia che ha tolto loro l’unica vera ragione di esistere. Raffaele era figlio unico.

N.B.

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