Il Consiglio dei ministri ha impugnato ieri la legge ordinamentale del Veneto in materia di politiche sanitarie e sociali. Ovvero, la ‘riformona’ trova-medici. “Nel rispetto delle valutazioni governative rimaniamo però convinti della bontà delle scelte fatte nell’interesse di garantire le cure ai cittadini”, prende atto l’assessore alla Sanità del Veneto Manuela Lanzarin. E si prepara a difendere la sua norma: “Per quanto mi riguarda, ritengo necessario ricorrere in ogni sede opportuna a difesa di quanto sancito dalla nostra legge impugnata dal Governo”. Quello che viene impugnato, del resto, sono disposizioni, come evidenziano i tecnici della Regione, per “attenuare la grave carenza di medici di medicina generale e di personale medico che affligge i servizi di emergenza-urgenza e che si è drammaticamente aggravata negli ultimi tempi, al punto da fare addirittura preconizzare la chiusura di intere strutture con la conseguente compromissione del diritto dei cittadini di accedere ad un servizio fondamentale”. E questo non succede solo in Veneto, si fa notare ricordando che le Regioni avevano mandato ai ministri della Salute, Roberto Speranza, e dell’Economia e Finanze, Daniele Franco, proposte di misure “urgenti ed indifferibili, necessarie per affrontare le criticità che riguardano in particolare i servizi di Emergenza-Urgenza”. Idee su come “rendere più attrattiva sotto vari profili (economici, organizzativi, previdenziali) l’esercizio della professione”, e per “estendere la possibilità di reclutamento del personale superando i rigidi criteri di accesso nei concorsi per la disciplina di medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza”. Si prevede anche l’estensione della possibilità dell’utilizzo di medici specializzandi all’interno degli stessi servizi.
In Veneto però la situazione ha raggiunto “un livello di gravità tale (si pensi al crescente numero delle zone carenti per l’assistenza primaria da un lato e dall’altro alla carenza di personale nei servizi di emergenza urgenza dove risultano vacanti 229 posti di dirigente medico rispetto alle previsioni della dotazione organica) che non consente di attendere le eventuali integrazioni della legislazione statale”, ricorda la Regione. Di qui la mossa della legge regionale ordinamentale con “alcune norme che, sia pure non sufficienti a risolvere le criticità esistenti, possono almeno attenuarle”. Quelle norme, pertanto, fa notare la Lanzarin, “erano volte a ridurre il pericolo di interruzione di pubblico servizio, in rapporto al diritto essenziale delle persone all’accesso ai servizi di pronto soccorso di cui si vuole garantire la continuità organizzativa”.