“Lo dico al governo e ad alcuni colleghi: evitiamo muri contro muri, perchè tra tutto e niente è bene cominciare a portare a casa qualcosa”. Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna, tiene il punto sull’autonomia: aspetta che il ministro Mariastella Gelmini “ci chiami a discutere” e ribadisce di essere pronto a passare dalla legge quadro (invece che dalle intese dirette con il Governo che erano state promesse) per portare a casa l’autonomia, prima della fine del suo mandato da governatore. “Spero, con questo Governo, prima della fine della legislatura in Emilia-Romagna, di vedere che almeno un po’ di autonomia ci viene concessa perchè fa bene alla regione e ai territori, ci impegna e responsabilizza”. E “sono pronto a valutare la legge quadro senza sentirmi in difetto perchè altri Governi avevano detto che saremmo arrivati ad una intesa”. Il punto è l’obiettivo finale: “Se l’Emilia-Romagna corre un po’ di più aiuta a correre di più il paese”. Tra l’altro, racconta nel salotto di Patrizia Finucci Gallo ieri sera all’hotel Majestic di Bologna, “ho letto sul Mattino di Padova che se l’autonomia si farà è più probabile che sia quella dell’Emilia-Romagna più che di Lombardia e Veneto“. Dunque, rivendica, è giusta la scelta dell’Emilia-Romagna di non chiedere l’autonomia per 23 materie. “E consiglio di evitare di chiederle perchè non gliele daranno mai. Sulla scuola ho capito da Gelmini che non è materia contrattabile”, ma Bonaccini non li vuole nemmeno scuola e docenti regionalizzati; vorrebbe che il paese investisse di più sulla scuola nazionale e che all’Emilia-Romagna fosse dato il ‘potere’ di fissare il fabbisogno di docenti “per evitare che i nostri studenti si trovino per quattro-cinque mesi senza gli insegnanti”. E l’autonomia, aggiunge, non contrasta con la “grande Bologna”.

Una settimana fa il sindaco di Bologna Matteo Lepore ha detto che l’autonomia andrebbe accantonata, che non è più tema di oggi e che lui non condivide il braccio di ferro sui maggiori poteri delle Regioni. Non ce l’ho con Bonaccini, aveva precisato. Ecco Bonaccini di rimando: “Io condivido il progetto della grande Bologna, e lo dico da modenese. Credo che se Bologna è più forte è più forte l’Emilia-Romagna e non che se uno è più forte l’altro è più debole; e Lepore mette in campo progetti che vanno in questa direzione”. Ciò detto Bonaccini ricorda che la proposta di autonomia dell’Emilia-Romagna è stata scritta “assieme” a parti sociali, sindaci e presidenti di Provincia e senza voti contrari in Consiglio regionale. Dunque, avanti: pronti anche ad avere un euro “in meno” da Roma su materie delegate, ma certi “che spenderemmo meglio”. E contro la preoccupazione della secessione dei ricchi, esorta il Parlamento a definire i Lep, i livelli essenziali di prestazione, i costi standard, così le regioni avranno certezza di pari trattamento. Non si può invece (come vagheggiavano Veneto e Lombardia) trattenere in regione nove decimi della fiscalità perchè “quella sarebbe secessione e nessun governo, neanche della Lega, ti permette di farlo. Infatti non se ne parla più”. Ma oltre a quell'”errore” delle regioni a guida leghista Veneto e Lombardia che ha acceso allarmi al sud, Bonaccini ricorda che il Governo gialloverde, Salvini vicepremier, in oltre un anno “non ha concesso una virgola” di autonomia. Che però serve: Bonaccini fa l’esempio della tangenziale di Reggio Emilia che deve ricevere un ok da Roma per cui sono serviti sette anni. “Noi ci metteremmo sei mesi. Quando lo spiego trovo pochi contrari. L’autonomia ci consente un di più di programmazione e di semplificazione”, conclude.

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