Che i migranti fossero un ‘affaire’ da centinaia di milioni di euro per chi se ne occupa, è cosa risaputa da tempo. Bando a questioni umanitarie, di dovere, c’è un fiume di denaro che scorre impetuoso sulla gestione della loro accoglienza. Quello che, nonostante tempi che non assolvono nessuno, stupisce ancora un po’ è che dietro l’inchiesta della DDA di Catanzaro, indagini affidati ai Ros dei Carabinieri, ci sia un prete considerato ‘Antimafia’.
Antimafia sino a quando don Edoardo Scordio, parroco della Chiesa dell’Annunziata di Isola Capo Rizzuto, è stato arrestato, accusato di avere gestito a proprio uso e consumo il flusso di denaro destinato all’accoglienza, in pratica di farsi pagare l’assistenza spirituale ai migranti. L’arresto è scattato nell’ambito di una operazione che ha scardinato un sistema in mano alla ‘Ndragheta, in particolare al clan Arena di Isola Capo Rizzuto. Le accuse a carico dei 68 indagati, a vario titolo, sono: associazione mafiosa, estorsione, porto e detenzione illegali di armi, malversazione ai danni dello Stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture.
Secondo i Ros, “il Cara di Sant’Anna e la Misericordia di Isola Capo Rizzuto erano il bancomat della mafia”. Con don Scordio è stato arrestato anche Leonardo Sacco, gestore del centro Cara, uno dei più grandi d’Europa, con una disponibilità di 1216 posti.
Ma chi è don Edoardo Scordio?
Molto amato dalla sua comunità, negli anni ’80 il parroco divenne noto per la sua lotta alla ‘ndragheta’. Famose le sue omelie in piazza contro il crimine organizzato. Non c’era funerale di vittime di agguati mafiosi nel quale, alto, non si levasse il suo sdegno contro chi aveva perpetrato quel vile attacco alla vita umana. Poi, posero un ordigno sotto la sua vettura e, probabilmente, fu la fine della sua battaglia al crimine organizzato.
Chi è, per l’accusa, don Edoardo Scordio?
Un ‘mammasantissima’, affiliato al clan Arena, che aveva allungato le mani sul Cara di Isola capo Rizzuto. Su oltre duemila pagine dell’ordinanza della “operazione Jonny’, sugli affari del clan Arena con la Misericordia dell’Isola di Capo Rizzuto emerge la figura di Don Edoardo Scordio. Insomma, per gli inquirenti, quel battagliero parroco di paese che durante le processioni badava bene che non sfilassero personaggi in odor di mafia, lui con la mafia era un tutt’uno, capace di gestire un ingente flusso di denaro – quasi 32 milioni di euro sui 100 stanziati da parte del ministero dell’Interno dal 2006 – per un centro di accoglienza per richiedenti asilo che fruttava parecchio. Per l’accusa, inoltre, don Scordio riciclava il proprio denaro in Svizzera, dove vive suo fratello.
Così parlò Leonardo Sacco
Non ‘Santo’ ma vicino alla santità, anche Leonardo Sacco, governatore della ‘Misericordia’: “Abbiamo i nostri limiti e i nostri difetti e commettiamo i nostri errori. Non siamo immacolati, puri e santi, però cerchiamo almeno di portare avanti quello che ci viene affidato e di utilizzare i soldi che lo Stato mette a disposizione per la gestione di questi centri nel modo più corretto possibile in un territorio difficile”. Sacco così parlava audito dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione nel luglio 2015.
Tutti gli interessi della ‘Misericordia’
Non solo di accoglienza migranti si occupa l’associazione finita nel mirino della magistratura. Oltre alla gestione del Cara di Sant’Anna, dei centri di Lampedusa e dei centri Sprar Oasi del Mediterraneo e Oasi dello Ionio, l’associazione si è ramificata in vari settori: scuole, turismo, centri anziani e disabili, più una partecipazione all’aeroporto di Crotone. Un impero da quasi 20 milioni di euro, sul quale adesso sono accesi i riflettori della DDA di Catanzaro, con al centro un parroco antimafia.
Patrizia Vita