di Natalia Bandiera

 

Perchè piacciono i ‘Forconi’? E piacciono anche a chi non può dichiararlo ufficialmente. Piacciono perchè rappresentano ognuno di noi, i primi e gli ultimi di una economia che sta falciando anche le realtà più floride. Il fenomeno dei Forconi è l’emblema, soprattutto, del fermento  di chi non ci sta più e ha deciso di fare qualcosa. Ha deciso di alzare il sedere dalla sedia e di smetterla di criticare dal pulpito  della poltrona di casa.

E’ il segnale di rivolta, che è anche il seme della speranza, che fa a cazzotti con quel sentimento di rassegnazione che troppe volte stronca il cambiamento. Lasciando perdere gli episodi di violenza come quelli di Torino o come le intimidazioni a Cinzia Franchini, responsabile Fita Cna, raggiunta addirittura da minacce di morte, che nulla hanno a che fare con la maggior parte dei ‘Forconi’, c’è una parte d’Italia vicina a chi vuole solo manifestare e far valere le proprie ragioni. Piace un movimento di lotta che per la prima volta è apartitico, che non si colloca nè a destra, nè a sinistra. E’ il movimento di chi sulla propria pelle sta pagando le conseguenze di una politica che per decenni ha fatto i propri interessi, quelli degli ‘amici degli amici’ , trascurando il bisogno reale di padri di famiglia e pensionati che non ce la fanno più ad andare avanti. Quelli che non solo non arrivano a fine mese, ma addirittura si fermano a inizio mese. Rappresentano quelle mamme che non possono garantire il ‘salato’ abbonamento della corriera per la scuola; quei padri che con mortificazione devono spiegare ai figli prossimi al diploma che l’università è fuori dalla loro portata. Tutte storie a cui troppo spesso non si dà voce. Storie che per la stampa assumono interesse solo se da quella miseria, da quel disagio, viene fuori il morto, quello che si uccide per i debiti. Di chi non riesce “a vivere” per i debiti non si parla.

Eppure abbiamo un esercito di operai in cassa integrazione o licenziati in tronco che neppure ci possono pensare a togliersi la vita, perchè guardando moglie, figli, a volte nipoti, pensano che le loro braccia ancora possono farcela e lottano ancora. Nessuno dà mai voce a questi disperati. Disperati che compongono un numero, quello del telefono antisuicidio della regione Veneto. Lì, da una voce sconosciuta che sa cosa vogliono sentirsi dire – per “mestiere” o per solidarietà vera – trovano la forza per tirare avanti ancora un giorno, un mese, un anno. 

Che dire?  Grazie al presidente Zaia per essere intervenuto nell’arginare una escalation di morti. Ma per gli operai, per le partite iva, per i cassintegrati non rappresentati da nessuna associazione di categoria, cosa è stato fatto? Imprenditori e operai pagano le tasse entrambi. Perchè ascoltare i primi e non i secondi? Chi ha dato voce al disagio dei più poveri? Chi ha ascoltato le loro storie di umiliazione e di silenzioso dolore? Ecco che sono dovuti scendere in piazza da soli, senza uno schieramento politico alle spalle, senza un marchio, ma con la sola identità dell’italiano che pretende lavoro. Un diritto sancito dalla Costituzione e che, adesso, viene rivendicato. Ecco perchè ci piacciono i ‘Forconi’: perchè sono quelli a cui non si dà mai parola, ma che ne meriterebbero più di altri. Sono quelli che, finalmente, questa parola se la sono presa. 

 

 

 

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