di Fabrizio Carta

Autonomi, professionisti, artigiani, piccoli negozianti vengono quotidianamente tartassati da incombenze, scadenze, pagamenti, rateazioni, autorizzazioni; devono poi pensare alla privacy e all’antiriciclaggio, dotarsi dei vari Durc, Durf, Documento di Valutazione rischi, corsi antincendio e di primo soccorso.

Manca oramai solamente il corso di sopravvivenza! Ma quello potrebbe tornare utile, Il fisco è diventato oramai una vera giungla e le partite iva devono barcamenarsi tra acque agitate e percorsi pieni di pericoli, senza permessi, senza ferie e senza il diritto di ammalarsi.

Viviamo in un paese in cui, quando si parla di imposte e tasse, la certezza del diritto non esiste più e la stabilità delle norme fiscali è una chimera.

La federcontribuenti, solo qualche mese fa, ha denunciato la morte di tre milioni di partite iva negli ultimi tre anni. Secondo Unimpresa, l’unione nazionale di imprese, il total tax rate, cioè l’insieme di imposte, tasse, balzelli e contributi previdenziali che versano piccole e medie imprese e professionisti in un anno superano il 64%. Un dipendente poi è diventato un lusso, arrivando a costare quasi il 50% in più rispetto al netto che percepisce.

Cose da pazzi, direbbe qualcuno. Ed è così, robe da pazzi, o forse da eroi.

Con il mio lavoro mi confronto ogni giorno con la variegata realtà economica radicata sul territorio e raccolgo gli umori di chi quotidianamente vive e combatte queste battaglie; le aziende vanno alla ricerca di certezze, quelle che mancano oggi al nostro fisco. Potrei raccontarvi mille storie.

Piero, un giovane ingegnere già dipendente che voleva arrotondare svolgendo un’attività libero professionale, mettendo a frutto anni di studio, di formazione e di esperienza, in quattro anni ha cambiato quattro regimi fiscali: ha aperto con il regime agevolato dei contribuenti minimi, poi ha superato i trentamila euro di reddito da lavoro dipendente, passando al regime ordinario. Con l’introduzione della flat tax torna ad essere forfetario, ma da quest’anno, con la nuova finanziaria che applica i parametri retroattivamente, in totale spregio dei principi recati dallo Statuto del contribuente, superando i trentamila euro di reddito di lavoro dipendente, dovrà tornare ad applicare il regime ordinario.

Paola, parrucchiera in un paese dell’alto vicentino, dopo più di vent’anni stava pensando di chiudere il suo salone. Ha una piccolissima attività in un piccolissimo paese, ogni giorno fa appena qualche “testa”, nel resto del tempo cresce i suoi figli o aiuta il marito nei campi, roba da essere premiati per il beneficio sociale che con la sua attività apporta alla piccola comunità! Ma Paola, come ogni partita iva, è anche oppressa da obblighi e adempimenti, costretta nell’incertezza da un fisco fluido e cervellotico. Aveva appena assorbito la novità del Registratore Telematico, quando sente parlare dell’ipotesi dell’introduzione del conto corrente dedicato per imprese individuali e lavoratori autonomi. Arriva quasi in lacrime, vuole smettere. Per fortuna stavolta è andata bene e posso rassicurarla, dall’ultima bozza del decreto legge pare che almeno questo obbligo venga rimandato.

Ma in tre anni hanno già chiuso i battenti più di tre milioni di partite iva. Federcontribuenti, infatti, in un’indagine di fine anno, segnala che gli autonomi sono passati dagli 8,6 milioni del 2016 a 5,3 milioni attuali, e di questi circa il 25% vive sotto la soglia di povertà. Andando avanti così si rischia di retrocedere fino al limite dell’estinzione.

Il PIL non può che essere in calo, e lo è, ed anche per il 2020 si prevede che l’Italia sarà la bandiera nera dei paesi Ocse per crescita economica.

I dati che ci arrivano sono disastrosi, ma anziché pensare ad attuare misure di sistema per garantire la ripartenza ed una rapida ripresa economica, in Italia si combatte la battaglia ideologica contro il contante e contro le partite iva, giudicate evasori già sul nascere.

Solo una nuova presa di coscienza della politica ed un nuovo atteggiamento verso quella che da sempre è l’ossatura economica del nostro paese, quella del popolo delle partite iva, può aiutare a ritrovare un equilibrio interno. Meno tasse, meno fisco e meno burocrazia devono essere le strade da seguire, ma finora il percorso è quello esattamente inverso.

Spesso viene attribuita a Churchill questa frase: Una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando su il manico. Io non so se l’ha detta veramente lui, ma certamente mai come in questo caso fu così vera.

Ad maiora!

Fabrizio Carta

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