di Fabrizio Carta

Il nostro Giuseppi rispolvera il vecchio bazooka e ripesca dal cilindro la sua scoppiettante potenza di fuoco per rispondere all’emergenza economica del primo mezzo-lockdown d’autunno.

Arrivano così gli aiuti per le imprese colpite dalla seconda stretta. I beneficiari sono al momento solo le imprese la cui attività viene ridotta o impedita a causa delle disposizioni del dippicciemme del 25 ottobre scorso, quindi i servizi di ristorazione, fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie, e ancora i taxi, gli alberghi, i cinema, i teatri, le palestre, le piscine, gli impianti sportivi, le discoteche, sale giochi, etc…

Le veline del Governo e le notizie ANSA, spettacolari e roboanti, parlano di contributo a fondo perduto tra il 100 e il 400%. Ma di cosa?

Ebbene, ad essere moltiplicato non è assolutamente il fatturato perso nel mese di aprile o nel mese di novembre o in qualsiasi altro mese, come più volte lasciato intendere dalle notizie passate dai giornali e dai tiggì. Il moltiplicatore si applica infatti sul valore del contributo già richiesto con la prima istanza, ed ancora non ottenuto da tutti, che a sua volta era pari ad una somma compresa tra il 10 e il 20 per cento della riduzione del fatturato di aprile.

Per essere più chiari, solo chi ha registrato una riduzione del fatturato del mese di aprile 2020 superiore ad un terzo rispetto al fatturato dello stesso mese dell’anno precedente, riceverà un “ristoro”, che sarà tra il 10% ed il 40% di questa perdita, ovvero una somma pari (100%) o superiore (una volta e mezza o due, il moltiplicatore 4 è previsto solo per le discoteche) a quanto già ricevuto con la scorsa istanza.

Ad esempio, un piccolo bar con un fatturato annuo inferiore a 400.000 euro, che ad aprile aveva fatturato diecimila euro in meno rispetto all’aprile dell’anno precedente, e che ha ricevuto in estate un contributo di duemila euro (20% della riduzione di fatturato, 0,50% del fatturato annuo), adesso ne riceverebbe tremila (150% del 20%, ovvero il 30% della riduzione di fatturato di aprile 2020, 0,75% del fatturato annuo 2019).

Il calcolo è oltremodo penalizzante per chi ha fatto l’investimento di recente. Ad esempio, chi ha rilevato un pub a gennaio del 2019, riceverebbe una volta e mezza l’aiuto minimo, che era 1.000 euro per le ditte individuali e 2.000 per le società, e che ora diventa rispettivamente 1.500 euro e 3.000 euro, a prescindere da quanto fatturato nel 2019.

È evidente che parliamo di somme che a malapena consentiranno di pagare qualche costo fisso, e che il più delle volte non aiuterà, purtroppo, a scongiurare fallimenti e chiusure.

Ancora più penalizzato è chi invece per qualsiasi motivo non ha presentato l’istanza a fondo perduto a luglio, o chi ha un fatturato superiore a 5 milioni di euro, e che quindi era escluso dalla prima erogazione. Entrambi dovranno attendere l’apposito provvedimento del direttore dell’agenzia delle entrate per presentare una nuova istanza.

Condivisibile ed apprezzabile, o almeno se così sarà, è la rapidità dell’erogazione, che avverrà direttamente sull’IBAN comunicato nella precedente istanza. Tuttavia, non è dato ancora sapersi come si dovrà comportare chi per qualsiasi motivo ha cambiato conto corrente.

Il decreto però non contiene solo i contributi a fondo perduto, ma reca anche altri interventi.

Immancabile il cavallo di battaglia di questo Governo: il bonus, quello vacanza, di cui viene estesa l’utilizzabilità al 30 giugno 2021. Non vediamo l’ora di mandarceli tutti, in vacanza.

Nel comunicato stampa del consiglio dei ministri del 27 ottobre era stato promesso l’esonero dal versamento dei contributi in caso di sospensione totale o parziale della propria attività. Di questa misura addirittura nel decreto si sono perse le tracce!

Il “ristoro” in questo caso si è magicamente trasformato in una semplice sospensione dei pagamenti. In pratica, l’F24 che doveva essere versato il prossimo 16 dicembre, potrà essere pagato entro il 16 di marzo, in unica soluzione o in quattro rate. Ancora una volta l’unica soluzione trovata è buttare la palla avanti.

È stata molto pubblicizzata anche l’abolizione della seconda rata Imu per le attività destinatarie degli aiuti. In questo caso, ad esclusione dei settori del turismo e dello spettacolo, è richiesto che il proprietario dell’immobile sia anche il gestore dell’attività in esso esercitato. Ergo: i beneficiari si conteranno sulle dita di una mano.

Nascosta tra le pieghe del decreto, un’ultima chicca: fino al 31 gennaio 2021 tutti i processi tributari saranno trattati e decisi in camera di consiglio. Cioè, per i prossimi tre mesi i contribuenti non avranno più diritto ad essere rappresentati in udienza dal proprio difensore, che potrà solamente integrare i ricorsi con memorie scritte. L’avvocato del popolo con questa mossa ha trasformato il processo tributario in un mero processo documentale, con buona pace del diritto difesa!

Ma abbiamo imparato ormai che i diritti in questo periodo storico non vanno tanto di moda.

Intanto, tra ristori, bazooka e nuova potenza di fuoco, l’associazione nazionale impianti sport & fitness, palestre, piscine e campi sportivi, ci fa sapere che è di 8 miliardi e mezzo di euro la stima dei danni del settore, che occupa circa un milione di lavoratori, e il cui impiego è mai come oggi a rischio.

Le critiche, come sempre, si fanno sulla base dei dati: L’Italia, secondo uno studio della Cgia di Mestre di qualche giorno fa, si colloca agli ultimi posti degli aiuti Covid in Europa, avendo corrisposto “solo” 90 miliardi di euro, contro i 284 miliardi della Germania, prima in questa speciale graduatoria, 201 miliardi del Regno Unito, e i 110 erogati finora dalla Francia, che però nei giorni scorsi è intervenuta con nuove misure. Solo la Spagna ha speso meno di noi.

Intanto l’Argentina, primatista mondiale di lockdown con ben 215 giorni di tafazziana paralisi economica del proprio paese, conta 1 milione di contagiati su una popolazione di 45 milioni di abitanti, con 10 mila nuovi casi e 400 decessi al giorno, mentre già il 41% degli argentini (18 milioni) è sotto la soglia di povertà.

Noi non siamo (ancora) come l’Arghentina, ma l’Istat ci fa sapere che gli occupati in meno sono già 330.000. Diciamo che ci stiamo provando.

Ad maiora!

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