Per le partite Iva è in arrivo una vera e propria rivoluzione che potrebbe scattare anche prima della riforma fiscale. La novità è data dallo stop al sistema di saldo e acconto due volte l’anno, sostituito da pagamenti a rate mese per mese.

Sul tema, proposto dalla Lega, c’è la convergenza anche di Iv e M5S (che ne chiede un’implementazione opzionale), ma potrebbe non essere l’unica novità in arrivo per gli autonomi. In vista della prossima legge delega, una delle ipotesi allo studio di Parlamento e governo è infatti anche quella di “un’uscita graduale” dalla flat tax al 15% per le partite Iva con fatturato oltre i 65.000 euro, in modo da permetterne la crescita senza eccessive penalizzazioni.

A spiegarne la ratio è stata la viceministra dell’Economia, Laura Castelli, fautrice peraltro di una raitezzazione più morbida delle scadenze della rottamazione, su cui converge anche Giancarlo Giorgetti. “Gli autonomi che sono in regime forfettario sono costretti da una soglia dalla quale una volta usciti pagano una percentuale troppo forte. Bisogna pensare ad un’uscita graduale perché altrimenti rimani costretto in quella soglia che non ti permette di essere più grande”, ha sottolineato.

L’idea è allo studio delle Commissioni Finanze – una delle ipotesi è quella di innalzare il tetto della platea a 100.000 euro di ricavi con un forfait del 20% – e potrebbe approdare nel ddl di riforma fiscale che il governo metterà a punto entro luglio.

Prima di allora, probabilmente entro la scadenza del 30 novembre, potrebbe però entrare in vigore la novità sugli acconti: pagare la prima tranche tra giugno e dicembre e la seconda tra gennaio e giugno dell’anno successivo. La Lega ha presentato un emendamento al decreto Sostegni bis che è stato giudicato inammissibile e ha quindi deciso di riproporlo nel decreto Semplificazioni, forte soprattutto del parere dell’Istat che, rispondendo al quesito di Alberto Gusmeroli e Luigi Marattin, ha giudicato nullo l’impatto dell’operazione sulla finanza pubblica.

Rispetto alla proposta del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, che proponeva l’abbandono degli acconti con pagamenti mensili in base al fatturato, il Parlamento pensa invece a mantenere l’attuale modalità di calcolo, diluendola però nei sei mesi successivi, in modo – in particolare per quanto riguarda le seconde tranche – di avere anche i dati definitivi dell’anno e non basarsi, come ora, sulle proiezioni fatte a novembre.

Al centro del dibattito tra i partiti rimane peraltro anche il tema lavoro. Sui licenziamenti non ci sono passi avanti espliciti. Tuttavia una delle ipotesi in corso di valutazione insisterebbe sulla selettività non necessariamente per settori, quanto in base al ricorso alla cassa integrazione o al calo del fatturato dell’azienda. Non a caso la cig è in gran parte utilizzata proprio dall’industria tessile e della moda per cui alcune forze di maggioranza, dalla Lega al Pd, chiedono un prolungamento del blocco. Nunzia Catalfo, ex ministra del Lavoro 5S, propone una mini-proroga di 2 mesi ma “se di selettività si deve parlare, – sottolinea – inserirei come criterio quello del calo del fatturato”. Scegliere per settori lascerebbe infatti probabilmente fuori molte imprese collegate alla filiera.
Ultimo elemento divisivo infine quello dei voucher: per facilitare commercio e turismo la Lega punta ad inserirli nel Sostegni bis, ma Leu si oppone con un netto “no al lavoro usa e getta”, pronunciato dalla sottosegretaria al Mef, Maria Cecilia Guerra.

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