Il rosa non è solo un colore, è anche un atteggiamento!
Miley Cyrus
Uno spoiler l’avevo già fatto, su vostro consiglio la copertina del secondo libro sarà una delle 2616, ebbene sì c’è chi le ha contate, possibili sfumature di rosa (altro che 50 sfumature…).
Se pensate che la scelta sia ricaduta sul rosa perché è considerato un colore tipicamente femminile vi dico già che non è così!
Il rosa anticamente veniva associato al rosso, colore forte che richiamava il potere e veniva visto come tipicamente maschile. L’azzurro, pensate un po’, richiamava il velo della Vergine ed era visto come perfetto per rappresentare il mondo femminile…questo ve lo aspettavate?
Inoltre era un colore costosissimo da realizzare per la rarità del pigmento da cui si otteneva, quindi era tipico della nobiltà.
Qualcosa cominciò a cambiare verso l’inizio del ‘400, quando i mercanti veneziani (e non ditemi che Venezia c’è sempre…) iniziarono a importare dall’Asia un colorante noto come “legno rosso”. Per la prima volta in assoluto, i tintori europei, finalmente felici, riuscirono a fissare su stoffa sfumature di rosa più o meno marcate aprendo la strada alla Schiapparelli qualche anno dopo!
È un successo, è la moda del momento: è il colore Pantone dell’anno tutti ne vanno pazzi.
Le corti veneziane (prima) e italiane (poi) fanno a gara per aggiudicarsi stoffe all’ultimo grido, tinte nel colore del momento. In breve tempo, la moda varca le Alpi e dilaga gloriosa in Francia, imponendosi peraltro anche in settori diversi da quello tessile: lacche e tinture rosa cominciano a spadroneggiare anche nel mondo dell’arredamento e dell’arte figurativa. Pink forever.
Con la scoperta dell’America, il color rosa ha ancora più occasioni per far parlare di sé: si scopre che in Brasile cresce un legno esotico, della stessa famiglia del “legno rosso” già usato, ma più performante come pianta tintoria e più cheap.
Il rosa dei secoli passati è, per la cronaca, un colore leggermente diverso rispetto al “rosa Barbie” (che nel prossimo post vi dirò è quella che il rosa lo ha sdoganato definitivamente). Basti pensare che i nostri antenati non lo chiamavano “color rosa”, ma bensì “color incarnato” (e lo consideravano una sfumatura del giallo, anziché del rosso).
Il rosa moderno arriva molto più tardi, attorno alla metà del Settecento, giusto in tempo per cavalcare la moda lanciata dalla marchesa di Pompadour (l’influencer del tempo) alla corte francese. La marchesa di Pompadour è amante (oltre che di Luigi XV) di questo colore glamour e contribuisce a rilanciarne la moda nell’Europa del secolo XVIII. Ormai il rosa è il colore del momento, è un must per tutte le fashioniste e i fashionisti.
Una curiosità: il rosa e l’azzurro non erano assolutamente associati ai bambini, scordatevi in generale l’immagine di una tutina da neonato in toni che non fossero quelli del bianco ottico. Il bianco era il simbolo della purezza ma, detto inter nos, era quello che potevi lavare e candeggiare e non si stingeva quindi più che per il profondo significato direi che le mamme del tempo lo preferivano per a praticità…le lavatrici arriveranno dopo!
La vera rivoluzione di questo colore fashion è avvenuto dagli anni ’30, il motivo più banale è la comparsa di nuovi coloranti chimici che lo hanno reso low cost, aprendolo anche al mondo baby.
Uno dei libri più famosi dell’epoca “Piccole donne” di Louisa May Alcott, (prima che facciate facce inorridite pensando ‘Oddio è stato scritto quasi un secolo prima, Fork che dici!’ specifico che lo so ma è un evergreen e in quel momento ha fatto la sua parte!) parla di un nastro rosa per identificare la femmina e di uno azzurro per il maschio. L’usanza viene definita dalla stessa Alcott come “moda francese”, come a dire che il rosa per le femminucce non era ancora una regola riconosciuta ovunque ma una specie di vezzo “esotico”.
Tanto per cambiare la storia fu segnata da una regina, la regina incontrastata di tutte le bambole: Barbie, e diventò rosa mania consolidando l’equazione rosa=donna.
A parlare di rosa ci si mise anche un’intramontabile icona che di moda qualcosa aveva da dire: Audrey Hepburn.
Nel 1957 esce Fanny Face (Cenerentola a Parigi), pellicola in cui un personaggio ispirato alla celebre giornalista di moda Diana Vreeland dedica al rosa un interno numero della sua rivista e sceglie Audrey come modella. Come rendere un colore un must!
Qualche tentativo di non associare il rosa alla femminilità è stato fatto durante gli anni ‘60 e ‘70 dai movimenti femministi e ancora un personaggio ‘irreale’ è diventato un’icona di una generazione. Di chi parlo? Ma di Barbapapà, è maschietto ed è tutto rosa…non è stata una scelta casuale!
Poi sono arrivati gli ingombranti anni ’80 ed hanno scombinato tutto di nuovo e nasceranno nuovi miti…di chi parlo? Pensate al colore fucsia e capirete a chi sarà dedicato il prossimo articolo!
Kiss Mrs Fork
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